Lungo la strada da Vercelli a Lucca, si attraversano pianure e fiumi, con alle spalle le Alpi e di fronte gli Appennini. Un territorio ricchissimo di storia e bellezze.
Vercelli ha ricoperto nei secoli, per questo percorso, la stessa importanza di ponti, valichi montani, guadi. Molte direttrici provenienti dall’Europa convergevano qui; e da qui fino al Po e agli Appennini, la facilità del percorso ispirava nuove varianti.
Arrivando a Vercelli e anche uscendone, si scorgono appezzamenti di terreno, perfettamente in piano, dove si possono vedere sottili specchi d’acqua e le piantine di un verde brillante. Tra questa provincia e quella di Novara viene prodotto il 25% del riso che si consuma in Europa. Perlomeno questa vista, mitiga la noia di guidare su stradoni dritti. Vercelli è una città importante, che pur sviluppandosi, ha mantenuto un centro storico degno della sua storia. Anche qui ci aiuta il fatto di arrivare in moto molto vicino a ciò che vogliamo vedere. Come per le altre città di una certa dimensione, rimando a una guida turistica la descrizione minuziosa del centro; ma mi soffermo sulle cose che più ci interessano.
Sulla destra del bel duomo di S. Eusebio, sorge l’austera costruzione del convento delle suore di Loreto. Prima di questo, in quella posizione, sorgeva un importante ospitale medioevale, quello di Santa Brigida degli Scoti. il suo scopo era quello di accogliere i pellegrini che giungevano dalle isole britanniche; gli Scoti, infatti, erano una delle popolazioni situate nel nord Inghilterra.
A pochissima distanza troviamo la basilica di S. Andrea. Proprio di fronte troviamo un ospitale, ancora in piedi, ancora visibile! Viene chiamato salone Dugentesco in riferimento alla data della sua costruzione, l’inizio del XIII secolo. Costruito apposta per i pellegrini della via Francigena, ha un porticato sul davanti e un altro nella parte posteriore; su questa parte sono stati restaurati alcuni stemmi, che ci ricordano quelli già visti in altri luoghi di accoglienza.
Tra Po e Ticino
Fatta la visita che merita Vercelli, si riparte. Tra i campi di riso sopra descritti, si arriva rapidamente a Mortara. Gli si gira attorno e subito dopo si trova l’abbazia di S. Albino. La piccola chiesa che vediamo ora è del XI secolo, il campanile risale a un secolo più tardi. La struttura annessa, cioè convento e cascina, ospitava un ricovero per i pellegrini. Qui si incrocia uno sterrato segnalato come via Francigena, dove ho visto camminatori stanchi ma contenti di fare una sosta all’ombra del cortile di S. Albino.
Ora andiamo verso Pavia, distante circa 40 chilometri. È una tappa in entrambi gli itinerari che abbiamo considerato, lungo il percorso che ci porterà al guado del Po. Ci fermiamo perché la città e la sua famosissima certosa meritano un po’ di tempo.
Si attraversa il fiume Ticino (con il ponte della foto di copertina)
Si entra in città attraversando il fiume Ticino, non distante dal ponte coperto, molto conosciuto. Fu costruito nel XIV secolo, in epoca viscontea, sui resti dell’antico ponte romano crollato da tempo. Aveva porte con torrette e una cappella al centro; successivamente fu realizzato il tetto di copertura, sorretto dalle cento colonnine che lo rendono così caratteristico. Il ponte che ora è pedonale (fatta eccezione per gli autobus del comune), non è in realtà l’originale; quello venne gravemente danneggiato alla fine della Seconda guerra mondiale.
Ci sono ben tre chiese importanti da vedere, stessa struttura e la facciata quasi identica: basilica di S. Michele Maggiore, basilica di S. Teodoro e basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro. Sono tutte costruite in stile romanico lombardo e risalgono al XII secolo. Il duomo si chiama curiosamente S. Stefano Martire e S. Maria Assunta, è dovuto al fatto che ha ereditato le dediche delle precedenti chiese gemelle che sorgevano in quel luogo. Segnalo anche piazza Della Vittoria e il castello Visconteo. Anche per la certosa, che si trova poco fuori città, vi rimando a descrizioni più accurate, un piccolo gioiello incastonato nella campagna.
Dalla Lombardia all’Emilia
Sempre avanti, maciniamo chilometri, la meta è il guado sul fiume Po, quello più utilizzato al tempo dei pellegrini si trova nei pressi di Soprarivo di Calendasco, in provincia di Piacenza. Il guado è per camminatori o ciclisti, visto che è anche stato ripristinato il servizio di attraversamento. Noi dobbiamo scegliere uno dei ponti che ci permette di arrivare verso Piacenza. Il più diretto e scenografico è quello attraversabile prendendo in direzione Broni o Stradella. Questo ponte è situato alla confluenza del Ticino sul Po, in una scenografica zona naturalistica. Il ponte in ferro risale all’immediato dopoguerra, con tanto di pomposa scritta celebrativa all’ingresso.
La caupona di Sigerico, contemporaneo ospitale per pellegrini è perfettamente in stile, un piccolo viaggio nel tempo. È decorata con ogni cosa possa riguardare il cammino dei pellegrini: scritte, tabelle chilometriche con le distanze dai principali punti del pellegrinaggio, indicazioni. Lasciata la moto lì vicino, si sale sopra un argine per poi scendere dall’altra parte e seguire il sentiero verso la riva. Qui troviamo il Transitus Padi; all’epoca dei Romani, qui passava la strada consolare per andare verso Milano e Pavia ed era fiorente l’attività di traghettatore, con innumerevoli barcaioli che offrivano questo servizio.
È un luogo da godersi con calma, sostando quanto merita, domani si va a Piacenza, vicinissima, una decina di chilometri. Si può dormire alla caupona di Sigerico, se c’è posto (prenotare), per mantenere intatto lo spirito che ci ha pervaso.
Una sosta d’obbligo per chi segue le Vie Francigene
Niente di motociclistico nella breve strada che porta a Piacenza. Ho parcheggiato vicino al grande palazzo Farnese; scelta causale ma indicativa. Tra i musei e le istituzioni ospitati al suo interno si trova infatti l’AEVF, Associazione Europea delle Vie Francigene. Simbolicamente essere arrivati qui con tanti chilometri alle spalle e alcuni ancora da fare, è un punto fermo.
Percorrendo poi via Cavour, si arriva in breve in piazza Cavalli, sulla quale si affacciano diverse cose interessanti, rendendola particolarmente meritevole. Due sculture equestri in bronzo, che danno il nome alla piazza, dette le statue del Monchi (nome dell’autore). Il Palazzo Gotico, è stato costruito alla fine del XIII secolo seguendo lo stile classico dei palazzi comunali di allora; con una parte porticata al piano terra e un ampio salone sopra. Tutti gli edifici amministrativi così costituiti, detti Broletto (ne abbiamo appena visto uno a Pavia), sono caratteristici dell’area lombarda. Infine la chiesa di S. Francesco. In gotico lombardo, fu completata all’inizio del XIV secolo. Cito ancora piazza Duomo, dove l’edificio religioso spicca per la bellezza della facciata romanica: in marmo rosa sotto, in pietra sopra.
Diverse loggette percorrono sia la facciata che i lati, donandogli un carattere di movimento. Fu costruita tra il XII e il XIII secolo al posto della preesistente cattedrale di S. Giustina, molto venerata nel medioevo. In ultimo, considerando il poco tempo disponibile, la Basilica di S. Antonino. Scelta tra gli altri luoghi di culto della città perché era posta lungo la strada abitualmente percorsa dai pellegrini. Su quel lato la basilica presenta il Portico del Paradiso, punto di riferimento dei viaggiatori.
Sulla via Emilia
Dopo circa 50 chilometri sulla via Emilia, verso Parma, troviamo Fidenza. La città è citata dai nostri due viaggiatori con il nome di Borgo S. Donnino; nome mutuato da quello del suo Santo patrono. Giusto un assaggio veloce, piazza Garibaldi e via Berenini che la taglia in mezzo. Ma il meglio si vede prendendo v. Berenini sulla sinistra; vi aspetta la bellissima cattedrale di S. Donnino, la porta omonima e i resti del ponte romano.
Lasciata Fidenza, finalmente si viaggia in direzione del passo della Cisa. Al tempo dei pellegrini il colle rappresentava la principale via di collegamento nord-sud. Pur con le difficoltà di un valico, è alto solo 1041 metri ed era percorribile tutto l’anno. Nello specifico, nel medioevo era chiamato monte Bardone, contrazione di mons Longobardorum.
Il percorso risale la vallata del fiume Taro e superato Fornovo di Taro, dove si imbocca la statale 62, si comincia a salire. All’inizio dolcemente e la strada comincia a movimentarsi con ampi curvoni; la salita non sarà mai aspra e le curve, benché a tratti ravvicinate, sono sempre divertenti. La strada invoglia ad accelerare, ma più su anche il panorama reclama l’attenzione. Lo sguardo può spaziare per un ampio tratto di Appennini e le valli sottostanti, non ci sono tratti boscosi a limitare la vista.
Nella terra dei Luni
Il passo è facile da individuare; non solo per le indicazioni, ma per il gran numero di moto che vi sostano. Il bar tavola calda sulla sinistra è il collettore di racconti su due ruote, mentre si beve e si mangia qualcosa. La discesa sulla parte Toscana è un po’ più decisa, con qualche tornante per superare i dislivelli maggiori. Adesso puntiamo Pontremoli, successiva tappa del vescovo. Sono solo una ventina di chilometri, ma divertenti.
A Pontremoli incontriamo il fiume Magra che ci accompagnerà successivamente fino al mare. Passati i ponti sul Magra e sul torrente Verde, ho parcheggiato in un’ombreggiata piazzetta di fronte alla chiesa dei Santi Giovanni e Colombano, per apprestarmi a fare una passeggiata non molto impegnativa. Il nucleo più antico di Pontremoli è costituito soprattutto da due piazze vicine: piazza della Repubblica e piazza Duomo, danno un’idea di separazione: il potere temporale e il potere spirituale.
Infatti le due piazze sono separate dal Campanone, una torre civica, dotata di una grande campana, eretta all’inizio del XIV secolo; questa torre in origine era parte di una fortificazione, nata per tenere separati i Guelfi e i Ghibellini eternamente in lotta! Ben più in alto si trova il castello del Piagnaro. Il nome viene dalle piagne, le lastre di pietra utilizzate per la copertura del tetto. Più volte distrutto o danneggiato, è sempre stato rimesso in sesto e aggiornato per la sua posizione strategica. Non sono salito fino a lassù, mi sono limitato a fotografarlo. È un borgo molto fotogenico, innumerevoli sono gli scorci dai ponti, sui giardini, attraverso le vecchie porte della città. Ci si può rilassare e fermarsi a dormire, oppure scendere a Sarzana, nostra prossima meta.
Il mare fa avvertire la sua vicinanza
Dopo Pontremoli si sente nell’aria che ci avviciniamo al mare, lo dice la temperatura, la vegetazione, anche la luce. Circa 40 chilometri e arriviamo. È un piccolo sconfinamento in Liguria, infatti Sarzana (poco più di 20000 abitanti) è in provincia di La Spezia.
L’importanza di Sarzana era dovuta alla sua collocazione nell’incrocio tra la via Aurelia e la via verso la pianura Padana, che abbiamo appena percorso. Oltre che al passaggio dei pellegrini sulla via Francigena. La fortezza di Sarzanello che la domina, e tutto il centro circondato da mura, meritano una visita attenta. La storia della spada conficcata nella facciata della cattedrale e la storia del Preziosissimo Sangue, andate a ricercarle perché sono interessanti (sulla guida ci sono).
Lungo il percorso della vecchia via Aurelia
Il viaggio continua lungo il percorso della vecchia via Aurelia, trafficato, dove gli abitati si susseguono uno dietro l’altro, ma la prossima meta è vicina. Il mare è vicino ma non lo si vede, solo la campagna avvolge il parco archeologico della mitica Luni. Classico esempio di località importante in antichità, decaduta a causa degli attacchi dei pirati saraceni e dell’interramento del suo porto. Fu sede vescovile e mercantile, ma cedette progressivamente potere alla vicina Sarzana.
Dall’assolato parcheggio dell’area archeologica si entra per la visita degli scavi, non ci si impiega molto, non aspettatevi rovine maestose. In un’area adiacente agli scavi si trova l’anfiteatro (visitabile su appuntamento). A mio parere l’edificio più scenografico e completo e qualche bella foto si riesce a fare anche da fuori.
La Toscana più rinomata per le vacanze estive
Percorriamo ora uno dei tratti di costa Toscana più rinomata: Marina di Massa, Forte dei Marmi, Marina di Pietrasanta. Per chi non deve andare al mare questo significa solo traffico, limiti di velocità e caldo. Se è ora di pranzo, i locali non mancano. Ci si dirige poi verso l’interno e in breve si raggiunge Camaiore, ci interessano due edifici religiosi, entrambi legati al traffico dei pellegrini. La badia di S. Pietro risale al VII secolo, ed è una chiesa romanica gradevole da visitare. Bello l’interno e anche la “location” verso la campagna, ma la cosa più importante per noi si trova sul muro esterno alla destra dell’edificio, vicino all’arco di ingresso.
In una serie di bassorilievi di carattere religioso, si può vedere il vescovo Sigerico, con un codazzo di monaci, che arriva alla badia. Ancora più discosta dall’abitato si trova la pieve di S. Stefano, sulla collina che sovrasta Camaiore. Si tratta di un edificio già noto all’inizio del IX secolo e la sua sfera di influenza comprendeva l’antica Campo Maggiore e le sue chiese. Le stradine che salgono la collina sono invitanti, ma sempre più strette e senza indicazioni. Dopo aver imboccato quella che sale dalla parte sinistra della pieve, mi sono perso e ho dovuto, ad ogni bivio o incrocio, girare sempre dalla stessa parte per cercare di tornare al punto di partenza. Alla fine ci sono riuscito e tutto sommato è stata una variabile piacevole.
27 chilometri di puro piacere motociclistico
La mezz’oretta di strada che ci separa da Lucca (27 km) è un piacere. A partire dai tornanti della SP1 che, appena usciti da Camaiore, ti portano a percorrere una valle boscosa. Così rilassati si arriva a Lucca, dove ho dormito un po’ fuori dall’abitato.
Lucca non conserva, in realtà, molti reperti che si possono riferire ai pellegrinaggi o al medioevo in genere. Però è una città bellissima, cinta dalle sue mura trasformate in passeggiata, ha un centro storico importante. Anche qui rimando a una guida esaustiva, ma segnalo: torre Guinigi con i suoi alberi sulla cima; le due piazze di S. Martino e Antelminelli, con il duomo e la fontana; piazza dell’anfiteatro; la chiesa di S. Michele in foro e la sua piazza. Io ho poi continuato il viaggio, ma probabilmente Lucca merita più tempo.
Da Vercelli a Lucca, le gallery
Leggi le puntate precedenti
Da Troyes a Vercelli seguendo Sigerico (la Via Francigena in moto)
Da Troyes a Vercelli seguendo Matthew Paris (le vie Francigene)
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L’articolo Vie Francigene in moto. Quarta parte (da Vercelli a Lucca) sembra essere il primo su Moto On The Road | viaggi in moto, avventure in moto, turismo in moto.